La condanna e le dimissioni di Cuffaro pongono il problema del superamento di un sistema di potere e della costruzione di un'alternativa credibile sul piano sociale e politico. Sconfitto Cuffaro bisogna ora sconfiggere il cuffarismo e il vasto sistema di intrecci politico-mafiosi che ha visto nel centro-destra siciliano il massimo rappresentante. Abbiamo in questi anni proposto un nuovo modo di fare antimafia che parta dal sociale. Siamo lontanissimi dall'idea di chi ha visto in questi anni il fenomeno mafioso come semplice problema di ordine pubblico causato da una semplice e generica organizzazione criminale. Noi da siciliani sappiamo che non è così. La mafia è lo strumento di cui si è servita la borghesia per il mantenimento dell'ordine costituito e per il controllo del territorio. Basti pensare che i processi di questi anni hanno dimostrato come ai vertici di Cosa Nostra spesso si trovino medici, professionisti e gente della buona borghesia. Una mafia silente che relativamente non spara più, sotterranea e nascosta secondo i media ma che in realtà in questi anni ha compiuto il salto di qualità riuscendo a controllare una quantità di denaro pubblico inimmaginabile. La sanità siciliana, le grandi opere, i servizi come acqua e i rifiuti sono praticamente in mano alla borghesia mafiosa. Risorgono i comitati d'affari nelle grandi città come Catania, ritornano i grandi cavalieri di remota memoria che depredano i territori fino al dissesto finanziario. Una mafia che produce e conduce, e che grazie alla ricattabilità del popolo siciliano continua a veicolare una grande quantità di voti. Non ci interessa l'antimafia di maniera dei salotti siciliani, quella che non fa distinzioni politiche, quella che fa della battaglia alla mafia una battaglia senza colori incentrata tutta esclusivamente sul rispetto della legalità. Parlare di rispetto della legalità, per chi facilmente se lo può permettere, è fin troppo facile e scontato. La precarietà non ha fatto altro che aumentare la ricattabilità del popolo siciliano in questi anni trasformando le sedi dei partiti in uffici di collocamento soprattutto nei quartieri popolari delle città. Bisogna rompere questo sistema costituito, mettere in crisi il sistema di intrecci favorito dalla globalizzazione capitalistica. Bisogna uscire dalla ricattabilità attraverso una nuova legislazione sul lavoro che da un lato rompa il sistema di precarietà in cui versa la stragante maggioranza del popolo siciliano e dall'altro incentivi nuove pratiche dell'antimafia sociale quali ad esempio il sistema delle cooperative sociali per gestire i beni confiscati alla mafia. Non si puo pensare di eliminare il sistema mafioso senza intaccare e smantellare il sistema di privilegi sociali esistenti nella nostra terra. Mantenere il sistema economico attuale significa continuare a dare linfa vitale alla mafia e alla classe politica che da tanti decenni convive, si intreccia e fa affari con “cosa nostra”. Siamo parte di quella Sicilia che da sempre si oppone alla mafia con dignità, passione e determinazione. La stessa terra che ha visto in tanti anni cadere per mano della violenza mafiosa compagni e compagne, sindacalisti, giornalisti e semplici uomini e donne che speravano in una nuova e possibile Sicilia!
1 commento:
Boia chi molla! Chi molla falce e martello non è comunista!
marcello
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